14 Feb Un angelo dal cuore fragile
Era la lontana notte del 10 agosto 1993, ancora ricordo il colore della luna e la forza delle onde di quella gelida notte, seppur fosse un’estate con temperature da capogiro. Ero a mare con i miei due figli, Mike il più grande 12 anni, Damian il piccolo 9 anni e mia moglie Caroline. Come da tradizione attendavamo la magica notte di San Lorenzo per esprimere un desiderio, (forse ognuno di noi lo stesso desiderio) quello di far sanare Damian da una malattia del cuore, che i dottori avevano dichiarato curabile. Quella notte era fredda e tranquilla, talmente tanto da non far sembrare nemmeno piena estate; noi eravamo sulla spiaggia della California, un posto in cui c’era più tranquillità e in cui ci potevamo divertire a nostro modo.
Grazie allo squarcio di luce dei neon, che illuminavano non solo la strada, abbiamo iniziato a dare sfogo alla nostra gioventù e sopratutto a far divertire senza pensieri il piccolo Damian, che di pensieri per la sua tenera età ne aveva già troppi. Correvamo sulla spiaggia umida, a destra e sinistra per rincorrerci, poi con le racchette e una pallina color verde, (era il colore preferito di Damian, non aveva mai smesso di credere nella speranza che deriva dalla stesso verde speranza degli occhi di sua madre, morta per la stessa malattia solo 3 anni prima) la palla si perdeva sempre sul bagnasciuga, una distesa di sabbia dura sulla quale battevano le grandi onde di quella famosa notte, che sembrava dover essere magica e non finire mai con le sue stelle e i suoi desideri. A un certo punto Demon corre per raggiungere la sua adorata pallina verde speranza, ma notiamo che la sua sagoma nella tiepida luce che c’era, era svanita, iniziamo a preoccuparci, gridando il suo nome a perdifiato, con il sapore amaro nella bocca e un pensiero assillante, sentivo che il mio Damian non era più lì vicino, né si sarebbe mai allontanato da sé, la mia testa non c’era più, non riuscivo a darmi pace, sudavo freddo, avevo le mani caldissime e i battiti altissimi, ad un certo punto inizio a vedere il buio, sempre più nero, fino a non vedere più nulla e cado giù nella sabbia che attutisce il corpo, avevo perso completamente coscienza, e non solo, da quella notte, la mia coscienza sentivo che non era più la stessa, qualcosa l’aveva appesantita.
Mi ritrovai al pronto soccorso, alle primissime luci dell’alba. Non riuscivo ancora a parlare, ricordavo poco, ma il primo pensiero fu Damian. Chiesi a Caroline dove fosse, non mi sapeva rispondere, mi guardò con gli occhi lucidi, quasi a voler dirmi l’abbiamo trovato. Ma con voce straziante e tremante mi spezzo in due, avrei preferito che qualcuno mi tagliasse a crudo le gambe con una motosega. “Damian non l’hanno ancora trovato” disse, io sapevo che non c’era ormai nulla da trovare.
Si attuarono ricerche per giorni, settimane, mesi, avevo perso le speranze già quella mattina dell’11 agosto. Damian qualcuno me l’aveva portato via, e questo qualcuno era stato il mare.
Ormai le ricerche erano finite, nulla più, del corpo di mio figlio si trovò, quando una tarda mattina del 10 marzo 1994 squillò il telefono e una voce mi disse, mi dispiace signor McKelly, ma abbiamo trovato il corpo di suo figlio. Si trovava lì, su una spiaggia di cui nemmeno ricordo il nome, disteso sul bagnasciuga come se stesse riposando. Ancora non mi sono perdonato quel maledetto giorno in cui non mi resi conto dello sforzo che stava facendo, non me ne resi conto perché vedevo quanto stava bene, egoisticamente quando sorrideva il mio cuore lo faceva insieme a lui. Il mio piccolo angelo ora non c’è più, e anche se il mare me lo ha riportato, non è più quello di prima. Damian riposa in pace piccolo cuore.
Papà.
quello che scrivo è frutto di un sogno. Marko Morciano